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Cos’è l’innovazione: “Se funziona è vecchio, dobbiamo cambiarlo”

Cos’è l’innovazione: “Se funziona è vecchio, dobbiamo cambiarlo”

Cos’è l’innovazione: “Se funziona è vecchio, dobbiamo cambiarlo”

di Stefano Tenedini 

“Se funziona è vecchio, dobbiamo cambiarlo”
La trascinante galoppata di Carlo Bagnoli fra strategie aziendali, tecnologie, design, esigenze dei clienti e nuove visioni. Come superare la resistenza al cambiamento, affrontare l’ignoto, andare oltre: perché barcamenarsi non è mai la risposta giusta!


23 ottobre 2019

Innovare non vuol dire limitarsi a fare quello che fanno tutti gli altri, purché “un po’ meglio”. No, significa (e richiede) offrire al cliente, al pubblico, alla società e più in generale a tutti i destinatari del proprio prodotto o servizio quello di cui non sanno ancora di aver bisogno, né sanno di volere. E non è un gioco di parole: perché non c'è alternativa all'innovazione.

Docente di Pianificazione e Innovazione strategica a Cà Foscari, Carlo Bagnoli non se ne sta tranquillo dietro la cattedra, ma è uno che con imprese e innovazione si “sporca” le mani. Lo dimostra lavorando con le principali Pmi del Nordest e anche per le grandi industrie, e lo testimonia quotidianamente tra università e incubatori, sperimentando progetti di lancio e di rilancio aziendale che, sintetizzando, si definiscono re-start up. Un argine al declino e una vitamina per ripartire: innovare, appunto.

Bagnoli è stato il protagonista del primo degli eventi autunnali di #Open, contenitore creato da Vecomp per “aprire la mente” alla cultura d’impresa. Aprirla per farci entrare abbastanza visioni e punti di vista, dati inconsueti e provocazioni da stimolare dialoghi e riflessioni, e da questo mix generare nuove idee. Quelle che ci distingono in un mondo che cambia e che, in definitiva, fanno andare avanti la baracca.

Si parte dalle esperienze di Ford e di Toyota per capire il paradosso dell’imprenditore. Uno conquista il pubblico perché sa limitare le variabili: “Un modello di auto, e che sia nera”. Un concorrente però capisce che diventare flessibili aiuta a intercettare le esigenze dei clienti, e la varietà gli fa guadagnare quote di mercato. Noi facciamo resistenza alla trasformazione, vorremmo innovare toccando il meno possibile... Ma se un modello di sviluppo funziona è perché è vecchio: chi non cambia e continua a barcamenarsi prima o poi fallisce.

Con ritmo velocissimo, tra esempi e aneddoti, buttando lì informazioni in apparenza a caso ma in realtà ingegnerizzate per depositarsi e germogliare, Bagnoli ha arpionato la platea di imprenditori e professionisti e ha seminato più dubbi che certezze. E alla fine ha trasmesso un concetto semplice ma rivoluzionario: fare innovazione strategica non vuole dire giocare meglio, ma cambiare le regole del gioco. Perché, spiega, il cliente non aiuta: vuole ancora il prodotto vecchio ma che dia più soddisfazione, più performante, meno caro. In fondo anche i clienti del signor Ford non cercavano auto: si sarebbero accontentati di cavalli migliori.

Basta qualche esempio per chiarire che cosa sia davvero l’innovazione. Le compagnie aeree low cost hanno capito che se il manager volava su sedili di pelle con flûte di champagne, il grande pubblico a un decimo del prezzo avrebbe viaggiato anche un po’ più scomodo. E se la Apple non avesse rovesciato il tavolo, oggi avremmo dei Motorola o dei Nokia fatti bene, ma non un iPhone (o dei tradizionali Ibm al posto di Mac e iPad). E Industria 4.0? Tutti sanno cosa fa, ma non sempre perché. Non serve a risparmiare tempo, a diventare più efficienti e a risparmiare, ma a rivoluzionare l’approccio al processo e la visione della produzione. Come nella pubblicità, “noi vendiamo punte per trapani, ma voi comprate buchi nel muro”.

Come ci si accosta all’innovazione? La strategia prevede diverse porte d’accesso: servizio al cliente, nuove tecnologie, design. Poi si mette tutto nel pentolone (sì, è una semplificazione brutale, ma il processo creativo non ha un profilo lineare): cultura, messaggio, prestazioni, significato e performance, e si testa il risultato, sempre pronti a fermarsi e guardare altrove. I top player hanno una marcia in più perché giocano e vincono su tutti e tre i tavoli: creano un’intimità con i bisogni del cliente, hanno un prodotto/servizio di efficienza inequivocabile, conquistano e mantengono la leadership di mercato. Qualcuno ha detto Amazon?

Andando verso la conclusione della sua galoppata nelle praterie dell’innovazione, Bagnoli estrae dal cilindro ancora tre gemme: una definizione molto seria e due storie di quelle che il cinema dovrebbe raccontare. La “formula” è la coerenza strategica. Le componenti della governance aziendale e la definizione del modello organizzativo devono possedere una loro costanza e uniformità. In quest’ottica la mission e la vision dell’azienda non rimangono sullo sfondo, ma rappresentano la struttura portante che dà forma e forza a tutto il resto.

 

Le storie. Nel Vicentino si trova la Manifattura Bonotto, che con un ossimoro di successo si definisce “fabbrica lenta”. Qui la creatività abita in un impianto industriale dove da sempre arte e design crescono insieme. E in un passato non lontano, per superare un momento che vedeva il guadagno e la produzione di massa prevalere sulla qualità, l’azienda ha rifiutato la svalutazione per tornare alle origini del tessile. Lenta, ma in rapidissimo sviluppo.

Grameen - Danone Foods è una vicenda esaltante e commovente, e uno straordinario caso di successo globale. Il premio Nobel per la Pace 2006, Muhammad Yunus, chiede al CEO della multinazionale dell’alimentare Danone, Emmanuel Faber, di mettere in produzione uno yogurt arricchito di nutrienti che rallenti la denutrizione dei bambini del Bangladesh. Il manager francese si lascia convincere pensando di fare beneficienza (e andrebbe già bene così) ma l’iniziativa si rivela un successo mondiale da tutti i punti di vista, generando profitti che vengono utilizzati per ulteriori iniziative di sviluppo sostenibile. E Bagnoli si congeda dal pubblico di #Open spiegando il vantaggio di fare del bene, guadagnandoci. Applausi.