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Sostenibilità, la sfida per il futuro delle aziende (e anche del nostro)

Sostenibilità, la sfida per il futuro delle aziende (e anche del nostro)

Sostenibilità, la sfida per il futuro delle aziende (e anche del nostro)

Tanta buona volontà, molta approssimazione, un po’ di moda o di marketing, idee confuse. Eppure ridurre l’impatto e migliorare gli effetti sulla società e l’economia dovrebbe essere un obiettivo prioritario. Ma l’impegno va misurato e valutato: lo conferma Ada Rosa Balzan presentando il modello SI (Sustainability Impact) Rating.
 
di Stefano Tenedini
 
 11 febbraio 2020
 
“Noi vogliamo diventare un’azienda a impatto zero!”. Bravi, bene. Quindi smetterete anche di respirare? Non è una battuta, è il commento tagliente di un consulente al cliente con le intenzioni giuste ma le idee un po’ confuse sullo sforzo da sostenere per far cambiare passo alle buone pratiche dell’impresa. Se si parla di sostenibilità ci si imbatte in una quantità di errori, sottovalutazioni dell’impegno e sopravvalutazioni del risultato immediato, o ipotesi strampalate figlie di una comunicazione spesso approssimativa o un po’ furbetta.

“Non si tratta di consumare un po’ meno plastica o diventare un po’ più green”, ha spiegato Ada Rosa Balzan all’incontro #Open di Vecomp Academy dedicato a “La sostenibilità che fa crescere davvero il business”. “Bisogna invece cambiare nel profondo il modo di essere, di vivere e di fare impresa”: un compito che si è assunta 22 anni fa, quando questo argomento era tutto meno che di moda. Quindi prima di andare avanti preveniamo la solida riflessione di imprenditori e manager: se la sostenibilità non è misurabile resta una bella idea astratta. Non serve a far crescere l’azienda o a contrastare la concorrenza, se addirittura non diventa un messaggio ingannevole per gli investitori e soprattutto per i clienti / consumatori.

Questa misurazione, conferma Balzan, non solo è possibile ma sarà presto indispensabile, e i modelli analitici stanno facendo rapidi passi avanti. Prima però ancora un po’ di pulizia tra le false credenze sulla sostenibilità. Il solare è sostenibile? E l’energia idroelettrica? Oppure la raccolta differenziata? La risposta è “dipende”, perché a fare la differenza è il contesto: i pannelli solari costano come materie prime, come lavorazione, come smaltimento. E certo non è bella la cascata di cemento di una diga. Infine, dove va il rifiuto raccolto “per bene”?

Tanti dubbi poi sul cibo biologico o vegano (ammesso che non sia solo marketing): le mele si salvano dai pesticidi con la lotta integrata che usa le coccinelle, ma questo per i vegani è uno sfruttamento ai danni degli insetti… E “a km zero”? È come l’impatto: non esiste.

I TRAGUARDI DA RAGGIUNGERE
Ma a forza di fare ordine, almeno a livello di economia e finanza, le cose stanno cambiando. Bankitalia annuncia che privilegerà gli investimenti sostenibili, e nel mondo la cifra allocata a questo fine ha raggiunto i 31 mila miliardi di dollari. E se anche per l’Istat l’atteggiamento sostenibile accresce la reputazione (ma spesso è solo per il famigerato greenwashing), oggi la missione sociale di un’azienda non è più una variabile indipendente, visto che è calcolata in un buon 40% del valore del brand, trend che si rafforza bilancio dopo bilancio.

“La sostenibilità cambia la visione dell’azienda e delle persone che sentono il richiamo alla responsabilità, alla fiducia, alla trasparenza nel comunicare”, ha detto Balzan. E non è uno status cui arrivare, ma un processo in cui la quantità diventa qualità e la crescita sviluppo: un valore anche economico generato dal comportamento sostenibile. Perciò la definizione include sempre aspetti ambientali, sociali e di governance: i criteri ESG identificati dall’Onu per guidare lo sviluppo sostenibile nel nuovo millennio. Oggi gli obiettivi sono diventati i 17 SDG con ben 169 target da raggiungere: è un target dall’asticella altissima che spaventa i cittadini e le aziende, ma è nel nostro interesse, perché il pianeta sopravviverà, noi no.

Da questa considerazione Balzan è partita per progettare il SI (Sustainability Impact) Rating, lo strumento di valutazione della sostenibilità oggi a disposizione di aziende grandi e piccole. Il modello, che analizza 77 tipologie di attività, raccoglie i dati su una piattaforma online e li colloca in uno scenario di riferimento di 26 tematiche ambientali, sociali e di governance.

Con criteri di sostenibilità riconosciuti a livello mondiale si valuta l’impatto sulle strategie per trasparenza, attendibilità, completezza, livello di gestione e miglioramento. Infine un algoritmo elabora miliardi di variabili e genera la valutazione finale, sia in termini generali che suddiviso per ciascuna delle tematiche affrontate, indicando cosa cambiare, migliorare, incrementare o riprogettare per uno sviluppo nel segno della sostenibilità.

UN PERIMETRO PERSONALIZZATO
Ma perché SI Rating può essere considerato uno strumento davvero utile per le imprese? Balzan lo ha spiegato dicendo che è stato accettato dall’ente di certificazione internazionale Rina e si è affidato al SASB, Sustainability Accounting Standards Board per la validazione e l’affidabilità: il che significa che può presentare dati certi e precisi e può dimostrare da dove vengono. Oltre ad analizzare i dati e incrociarli con i parametri del settore di riferimento, si può elaborare un perimetro personalizzato: una fotografia su misura di com’è l’azienda nel suo complesso, o nelle sue aree di business, i siti e le sedi, la supply chain e i fornitori.

Semplice nella sua complessa architettura, il report con le valutazioni consente di comporre agevolmente la Dichiarazione non finanziaria e i questionari per l’inserimento negli indici di sostenibilità, una procedura che in futuro sarà sempre più richiesta dalle normative dei Paesi europei. E dopo un adeguato periodo di implementazione, durante il quale in azienda si applicano azioni mirate sugli indicatori analizzati, si valutano i miglioramenti ottenuti e si stabiliscono ulteriori iniziative: l’impresa viene infatti accompagnata nel percorso.

La sostenibilità, se non a portata di mano, ora se non altro appare meno lontana e nebulosa. Si può misurare il diverso approccio “a rovescio”, pensando cioè quanto costerebbe non fare nulla. Balzan lo descrive facendo l’esempio di una piccola azienda che lavora da sempre per un colosso dell’industria automotive e riceve una secca comunicazione: “Se entro sei mesi non dimostrerete di essere sostenibili, non potremo più lavorare con voi”. Game over.

Un rischio che non corre Vecomp SpA, che è la prima azienda del settore ICT in Europa ad aver ottenuto il SI Rating. Sviluppo sostenibile: la nuova frontiera della cultura d’impresa.

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