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Elena Stoppioni - Dopo il virus ricordiamoci che l’ambiente è sempre un’emergenza

Elena Stoppioni - Dopo il virus ricordiamoci che l’ambiente è sempre un’emergenza

Elena Stoppioni - Dopo il virus ricordiamoci che l’ambiente è sempre un’emergenza

 di Stefano Tenedini

Le acque limpide e i cieli puliti di questi mesi sono un’illusione del lockdown: il pianeta si salverà solo cambiando passo, perché ogni giorno buttato senza un impegno concreto ci avvicina all’ultimatum del 2030. Produzione, urbanistica, turismo, sostenibilità sono i temi chiave su cui ci giocheremo tutto: l’uscita da una drammatica crisi economica, la crescita sociale e la nostra stessa salute.

18/05/2020

Braccati dal Covid-19 e dalla crisi economica, siamo avvolti in una nebbia di incertezza. Ma fino a poche settimane fa uno dei temi chiave del futuro e dello sviluppo era cosa fare per difendere l’ambiente e combattere l’emergenza climatica. Non dobbiamo dimenticarci che non esiste vaccino per l’inquinamento né una mascherina contro il riscaldamento globale. Elena Stoppioni, presidente di Save The Planet Onlus, giovedì 21 maggio sarà al webinar Smart #Open di Vecomp Academy per ragionare di ambiente, salute e crescita.

Possiamo ricominciare a parlare di sostenibilità? E di cosa dovremo fare nel dopo virus?
Dobbiamo ammettere una drammatica verità: il nostro Pianeta non si salverà grazie a un decalogo di buone pratiche, ma solo perché in quanti più possibile avremo abbracciato la una nuova mentalità, o almeno in quanti più possibile avremo abbandonato la mentalità vecchia e superba. È stato proprio quel modo di vivere sprezzante, che trascurava tutte le conseguenze, a condurci fino alla pandemia. Non bisogna certo ringraziare il virus, come si sente dire spesso in questi giorni: il Covid-19 non ha “ripulito l’aria” e non ha riavvicinato l’uomo alla natura. L’emergenza indotta dal virus ci ha solo confinati in casa, bloccando le attività e gli spostamenti sociali. Ma ricordiamoci che questo minore impatto antropico è necessariamente forzato e temporaneo.

Quindi si tratta solo di una breve fase “positiva”, e non abbiamo alcun merito se l’acqua oggi è più pulita o l’aria sembra meno inquinata.
Infatti. Dobbiamo chiederci che cosa succederà subito dopo. Forse riprenderemo da dove avevamo interrotto? Ricominceremo a inquinare ancor più incuranti di prima, soltanto per recuperare il tempo perso? È stata proprio questa incuranza delle conseguenze che ci ha portato fino a subire gli effetti di un virus così diffuso: la continua deforestazione, come la distruzione di molti habitat naturali, ha facilitato la diffusione di un microrganismo che ha fatto il “salto di specie” dall’animale all’uomo. Riprendere la vita di prima come se niente fosse ci condurrebbe senza dubbio verso la prossima pandemia. Chiediamoci se è questo il futuro che vogliamo per noi, perché le pandemie si prevengono con l’ecologia.

Possiamo ripensare al turismo in chiave di tutela ambientale, visto che è una ricchezza dell’Italia e un elemento portante della nostra crescita?
Certamente: salvaguardare l’ambiente non deve essere una rinuncia, ma è l’obiettivo con il quale ripensare tutta le nostre attività, per la sopravvivenza stessa dell’economia e delle attività umane. Nessuna attività economica va abolita. Il turismo ha una valenza sociale ed educativa, che va anche oltre il Pil che genera. Una cosa che tutti i comparti dell’economia possono iniziare a fare è misurare il proprio impatto in termini di CO2, per contribuire a un contenimento dell’emergenza climatica e adottare piani di riduzione e di compensazione.

Il rapporto tra sviluppo dell’economia e impatto sull’ambiente sarà sempre più centrale. Si possono già intraprendere iniziative in questo senso?
Save the Planet Onlus ha avanzato una proposta al settore edile, che con il suo indotto è responsabile del 40% dei gas a effetto serra che alterano il clima. Si chiama Cantieri Green e mira alla decarbonizzazione su larga scala delle attività edili: un cantiere emette 300-400 chilogrammi di CO2 al giorno anche solo per l’utilizzo di mezzi elettrici. Se si alimentano gli impianti con energia proveniente solo da fonti rinnovabili – e quindi green, perché coperta al 100% dai certificati di origine garantiti dal GSE, il Gestore dei Servizi Energetici – ci sarà un risparmio quotidiano di oltre 100 chili di CO2. La tecnologia e gli strumenti per misurare e ridurre il proprio impatto ci sono, e vanno fatti diventare di uso comune. La dipendenza dalle fonti di energia fossili è durata fin troppo, e ha portato al dramma che viviamo oggi.

Con tutti i problemi per riaprire, come faranno le imprese a dare spazio all’ambiente? E quali sviluppi prevede a misura di aziende e cittadini?
Io immagino una ripresa green che possa diventare un pensiero condiviso. E per i decisori una spinta a ripensare le città. Di recente l’ISO ha emanato uno standard che dà il “metro” della sostenibilità di una città: 128 indicatori fotografano punti di forza e debolezza delle metropoli e misurano la felicità dei cittadini. Analizzando i big data abbiamo applicato lo standard a venti città italiane. I risultati emersi sono incredibili: potremmo sviluppare piani di sostenibilità urbani. Perché non farlo? Investiamo meglio i soldi pubblici: credo che il futuro – permettetemi di dirlo – non sia la smart city, ma la città sostenibile.

Dal punto di vista ideale, ma soprattutto pratico è necessario un cambio di mentalità. E quali provvedimenti andrebbero presi?
Un invito gli imprenditori: ripensiamo le nostre aziende. Rendiamole comunità sostenibili, coinvolgiamo i dipendenti in un nuovo processo di welfare aziendale che educhi chi lavora e permetta all’azienda di produrre di più. Inseriamo i concetti green nei piani industriali, e così anche la politica capirà che devono essere premiati gli imprenditori capaci di creare e sviluppare imprese sostenibili. Anche i singoli possono fare la propria parte: una gestione oculata dei rifiuti domestici e l’attenzione ai temi della sostenibilità possono trasformare i cittadini in testimonial autorevoli della transizione ecologica.

Una provocazione raccolta in queste settimane: con l’emergenza virus ed economia, vi sembra il momento di parlare proprio di natura?
La mia risposta rimane la stessa: le pandemie derivano da una “normalità” sbagliata. Una minaccia alla natura è una minaccia per la salute di tutta l’umanità, quindi mette a rischio anche i modelli economici. In questi mesi sono emersi numerosi studi che hanno correlato l’inquinamento atmosferico e la cattiva qualità dell’aria della Pianura Padana all’incidenza e alla diffusione del Covid-19. Se non cambiamo approccio ora, quando dovremmo farlo?

Per rimanere nell’ambito salute e sostenibilità, chiediamoci come potrebbero le persone rimanere sane se l'ambiente stesso è malato.
Per rimanere in salute, il Pianeta osserva la Carbon neutrality, cioè il bilanciamento tra le emissioni e l’assorbimento di CO2: foreste e oceani sono i polmoni e i reni del pianeta, e ci ripuliscono dalla CO2. L’uomo ha alterato l’equilibrio con la scriteriata gestione del proprio sviluppo, con lo sfruttamento delle risorse e con l’estrazione e l’uso di combustibili fossili. Ma ora rischiamo davvero il collasso. Sulla home page di Save The Planet c’è il countdown che indica quanto manca al 2030, anno che gli scienziati hanno indicato come l’ultimo per evitare disastri climatici incontenibili. Occorre agire subito, ogni giorno che passa è perso.

Come esperta di architettura e costruzioni ritiene possibile tutelare ambiente e salute con una progettazione che non rinunci all'estetica?
Io faccio il tifo per la filiera delle costruzioni e per tutti coloro che vogliano creare spazi di vita sostenibili, da un singolo ambiente fino a una città. In base alla “teoria della finestra rotta”, gli studi sociologici dimostrano che se un gruppo di ragazzini gioca a pallone in una cascina con le finestre rotte, romperanno tutto a pallonate. Se invece saranno accolti in un luogo bello, ordinato, salubre, pulito, ciò non accadrà. La bellezza in armonia con la natura genera educazione e nuova socialità. Per questo ci servono costruttori e progettisti green, imprese e urbanisti che considerino l’innovazione non come lo stravolgimento della realtà, ma come il suo miglioramento. Perché la vera ecologia è prima di tutto nella testa.

 
 Iscriviti al webinar con Elena Stoppioni