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Intervista a Gaia Passamonti - Pensiero Visibile

Intervista a Gaia Passamonti - Pensiero Visibile

Intervista a Gaia Passamonti - Pensiero Visibile

 di Stefano Tenedini


17/06/2020


Cosa ha comportato l’emergenza sanitaria nella riorganizzazione del lavoro? Che metodi avete adottato?
Sul piano operativo è stato facile: poco dopo il lockdown eravamo già organizzati da casa. Ma lavorare da remoto faceva già parte delle nostre abitudini: nel nostro settore abbiamo tutti dimestichezza con call, chat e così via. Abbiamo preferito iniziare lo smart working subito, per mettere in sicurezza lo staff. E anche sul piano delle relazioni è stata un’esperienza in qualche modo fruttuosa, perché tutti ci siamo sentiti spinti a confrontarci, forse addirittura più che in ufficio: parliamo di continuo a gruppi variabili sui singoli progetti. E sicuramente c’è anche uno spirito di rivalsa sulla situazione critica.

Che cosa è cambiato nella relazione tra le persone, nei tempi e nei modi, negli obiettivi?
Tanto per dirne una, abbiamo lavorato molto di più. Alcuni clienti per forza di cose hanno dovuto fermare l’attività, e quindi hanno utilizzato il tempo per preparare future azioni di comunicazione o ci hanno chiesto di “inventarci” qualcosa. Sono saltate le scalette e i tempi e abbiamo dovuto essere estremamente creativi e flessibili. Abbiamo anche firmato contratti nuovi nei primi giorni e non ci è spiaciuto, perché c’è sempre l’ansia da fatturato... Creatività ha significato anche rimpiazzare i messaggi fastidiosamente commerciali, ripensare da capo le campagne e inventare cose che fossero utili durante il lockdown. E molti hanno scelto di rilanciare, di eliminare ciò che non sentivano allineato ai valori.

La comunicazione è tra le prime vittime delle crisi: le aziende hanno conservato la voglia di raccontarsi?
Nell’immediato abbiamo spiegato a tutti che non bisognava “spegnere” i riflettori sulle imprese, ma era il momento di parlare dei valori del brand, ripartendo dai fondamenti del racconto. Ma questo è un tema che i nostri clienti conoscono bene, perché lo sottolineiamo fin da quando cominciamo a lavorare insieme.

E se un cliente non voleva comunicare? Come gli avete fatto capire che narrandosi si superava il peggio?
Per fortuna in generale non è successo. Un cliente nuovo, con cui il rapporto non era ancora consolidato, ha voluto comunque mantenere la linea di comunicazione decisa prima dell’emergenza, e il nostro ruolo era supportarlo anche se non eravamo d’accordo. Cerchiamo di dare il meglio incrociando gli scenari con mezzi, necessità e linguaggi, per far rimanere sempre rilevante la comunicazione dei clienti. L’emergenza sanitaria ha accelerato tantissime dinamiche, e oggi stanno cadendo le barriere che le aziende - soprattutto quelle del territorio - avevano innalzato contro il lavoro e la comunicazione in un contesto digitale.

Quali strumenti per comunicare hanno preso forma mentre eravamo immersi in “troppe” informazioni?
Trovo perfettamente calzante il termine di “infodemia” coniato per definire l’eccesso di segnali: come molti fenomeni esisteva anche prima del virus, ma in questi mesi è diventata molto più evidente. Oggi diciamo e facciamo quello che andava fatto anche prima: cioè parlare dei valori e dell’identità, non solo del fatturato e dei prodotti. Le aziende devono comprendere che il valore per i loro clienti e stakeholder non sta solo nei prodotti in quanto tali. Devono guardarsi dentro e ritrovare il senso ultimo, il valore generativo alla base dell’azienda. Perché dopo la crisi Covid dovremo affrontare quella economica, e non sarà sufficiente - non lo era nemmeno prima, in realtà - dire che quello che facciamo è bello e costa meno. Adesso bisogna saper valorizzare i temi narrativi che sono dentro l’identità dell’azienda.

A quali progetti o servizi state pensando, da avviare o rinnovare come formula “anti-virus”?
Già prima stavamo lavorando a un progetto che però visto oggi ha ancora più senso. In partnership con Be Unsocial stiamo mettendo insieme un team che proporrà un nuovo modello di comunicazione aziendale a misura d’uomo. L’idea di fondo è “comunicare per essere umani” e vorremmo presentarla dopo l’estate se tutto sarà pronto. Non voglio anticipare i dettagli, ma valorizzeremo gli small data per una comunicazione adatta a questi tempi di incertezza. Non sappiamo che risultati avremo... nessun algoritmo può calcolarlo!