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Il benessere tra virus e stress da lockdown: come uscirne migliori?

Il benessere tra virus e stress da lockdown: come uscirne migliori?

Il benessere tra virus e stress da lockdown: come uscirne migliori?

 di Stefano Tenedini

La salute è il primo obiettivo: ma la cura adottata contro il Covid-19, restare a casa senza poter fare movimento, rischia di peggiorare le cose sul piano fisico e psicologico. Difficile rispettare i ritmi naturali dell’organismo ma qualcosa si può fare: esercizio, dialogo, alimentazione, spirito critico, l’ascolto di se stessi sono le chiavi per guardare avanti con positività e ritrovare l’equilibrio perduto.
 

27/04/2020

L’emergenza sanitaria ci ha messo a terra da tutti i punti di vista. Siamo preoccupati per la salute dei nostri cari e la certezza di una pesante recessione rischia di toglierci la voglia di reagire. E stiamo chiusi in casa da quasi due mesi, sull’orlo di una crisi di nervi personale e sociale e, se non bastasse, anche con un fisico fiaccato dall’inattività. Un lungo periodo di smarrimento dal quale usciremo in un contesto organizzativo totalmente trasformato. E ci chiediamo come potremo conciliare il nostro benessere psicofisico con il distanziamento sociale, che rimarrà anche dopo la fase acuta del Covis-19. Il nostro stile di vita cambierà (speriamo in meglio) con l’alimentazione, una diversa cura della salute e più movimento? Abbiamo chiesto cosa ne pensa a Francesco Menconi, esperto di metodologie antiaging e antistress, personal trainer e allenatore di numerosi campioni.

È vero che occorre arginare la pandemia: ma quanto male ci fa anche il lockdown?
Moltissimo. Perché sta sregolando e “disordinando” le emozioni, altera il sistema nervoso centrale e i nostri ritmi di vita. Ci sta davvero facendo dei danni. Ognuno deve rispettare i propri ritmi circadiani: anche se possiamo tollerare variazioni nell’ordine di un paio d’ore, l’importante è come l’organismo reagisce allo stress. Se riesco a mantenere i miei ritmi e a compensare gli squilibri, tutto bene: ma non è una cosa che si può fare senza problemi per sempre. Se forziamo, dopo i 40 le nostre capacità adattive si riducono, escono i danni che ci procuriamo esagerando da giovani: e si invecchia prima. Puoi bilanciare Se la genetica è stata generosa, visto che pesa per il 30%, se stai bene e ti tratti bene. Il guaio però è che al disordine dei ritmi si somma il disagio psico-emotivo di queste settimane.

In altre parole essere isolati e chiusi in casa peggiora il nostro “solito” squilibrio?
Certo, perché se si sottopone un sistema nervoso centrale già “stressato” a un blocco così repentino si esce dalla normalità, quindi si aggiungono altri danni. Poi dobbiamo pensare a come ci siamo entrati, nel lockdown: stavo bene, ero sereno, litigavo, ero lontano dai miei affetti? Sembrano sfumature, ma se nei primi giorni erano giustificate per il bene comune, oggi tutte queste proroghe creano altra ansia e vengono imposte in base a numeri che da soli non bastano, se non sono spiegati bene da psicologi e sociologi. Sì, il virus colpisce una parte della popolazione… ma chi assiste i sani, tra stress acuto e a rischio di cronicizzarsi? Pensiamo che in Italia sta aumentando anche la prescrizione di psicofarmaci, e gli effetti si vedranno dopo. Credo nella scienza, ma attenti a non trasformarla in dogmi di fede… Ci sono altri pericoli oltre il Covid-19: non muoiono solo gli anziani, ricordiamoci i danni della pigrizia e dell’obesità. Tenerci a casa senza svolgere una giusta attività fisica è un errore, come se ci impedissero di andare in farmacia a prendere una medicina salvavita.

In effetti è difficile restare in movimento stando chiusi in casa, spesso in spazi limitati.
E questo è un problema, inutile negarlo. Qualcosa possiamo e dobbiamo fare, perché il movimento è l’unica vera prevenzione e abbiamo bisogno di emotività armonica, spazio e contatti. Per muoversi ci bastano un muro e una parete. In questi giorni dobbiamo sentire anche una musica che ci piaccia e ci stimoli. Fate le attività preferite: pilates, stretching, yoga o circuiti a corpo libero, meglio se alternati. Non servono attrezzi, il corpo ha tutto ciò che serve. Metodi e quantità? Dipende: come stai? Quanto e che sport facevi? E da quando di allenavi? Mantieni il ritmo di prima, anche se meglio di tutto è muoversi ogni giorno un po’. L’ideale è al mattino appena svegli, prima di colazione. Se scegli un’attività più energica meglio il pomeriggio. Ma “ascoltati”: il corpo sa cose che la mente non sa: ti dice cosa fare. Ti consiglia anche dal punto di vista nutrizionale: come mangiare, quanto, quando. Dal lockdown usciremo migliori solo se ci siamo entrati bene. Se invece c’è una condizione pregressa delicata o fragile, per il lavoro il cibo o l’equilibrio, la ripresa sarà più faticosa perché ci si aggiungono ansia e preoccupazione. Ma ci si può sempre provare.

Stando in casa il ritmo circadiano cambia? Come fare per mantenerlo “naturale”?
Il punto è che non possiamo staccare la testa dal corpo. Crediamo che la mente controlli su tutto: penso positivo quindi il corpo risponde. Ma non funziona così, perché la mente ospita sia scienza che spiritualità. Noi siamo fisicità ma anche paure, idee, sogni, desideri, abitudini: per questo ci sregoliamo. Nel nostro io emotivo si somma ciò che siamo stati fin dalla nascita. Insisto: impariamo ad ascoltarci, a donarci quello che ci piace, però anche a eliminare ciò che ci mette a disagio o ci fa male. Evitiamo di usare tablet e cellulari la sera, mangiamo cibi leggeri, aumentiamo gli spuntini di frutta e verdura, niente “comfort food”, colazione abbondante e molta acqua - fino al 3-5% del peso corporeo -, abituiamoci a una respirazione corretta e se possibile facciamo la doccia fresca, ma più calda di sera... Sono concetti comuni, di base, ma utili per una buona “manutenzione” dell’organismo.

Lavorare da casa crea anche problemi organizzativi, disagi, confusione di spazi e ruoli.
È vero. Per questo io consiglio di riunire tutta la famiglia intorno a una bella tavola rotonda come quella di re Artù, ovviamente anche i bambini. E lì tutti comunicano i propri disagi, le esigenze, i bisogni. In un momento così difficile della vita occorre affrontare la parentesi insieme. E insieme se ne esce: più o meno forti, dipende da come ci si sostiene. Ed è anche un esercizio di autoanalisi molto impegnativo, perché ci dice se le persone con cui stiamo vivendo questi giorni sono “adatte” a noi, e può quindi confermare o smentire quello che crediamo. Questo porta a chiederci quali siano i nostri problemi, a sfidarli e risolverli.

Soffrono anche i bambini: come possiamo aiutarli a superare il periodo critico?
I piccoli sono le vittime più colpite, e si porteranno nel tempo i danni di questo momento. Serve molta attenzione, ma qui si apre un capitolo complesso: davvero un genitore sotto stress non regolato può dare le indicazioni giuste al proprio figlio? Direi di no: già è difficile per noi adulti, figuriamoci per loro. Spero che si vada presto verso una riapertura: certo per gradi, ma che tenga conto dei bambini. Perché va bene difendere gli anziani, ma non trascuriamo chi la propria vita deve ancora cominciare a viverla.

Quanto pesa la percezione di essere avvolti in una cappa di perenne pericolo?
La reazione è molto soggettiva: dipende dalle nostre storie personali, da cultura e capacità critica. Per molti il pericolo non esiste, altri ritengono il virus parte della vita, altri ancora la prendono come una catastrofe. Ecco, la differenza la fa come guardiamo alla vita di questi giorni, come elaboriamo i segnali. Diventeremo delle persone migliori? Anche qui dipende da chi sei: chi era positivo migliorerà ancora, ma chi non lo era troverà un’altra bella scusa per non cambiare. La società italiana non è sana, è sfiduciata, senza direzione né qualcuno di cui fidarsi a cui chiederla. Se ci fosse una linea, credo che la seguiremmo volentieri.

Salute o normalità? Da molto tempo la società non affrontava un simile conflitto.
Così com’è strutturata, la società non conosce la salute. Anzi, la prima a non conoscerla è proprio la Sanità. Già vivevamo una “normalità insana”, e altrettanto insana è la risposta al virus. Dobbiamo ricordare che i greci definivano l’uomo “colui che muore”. Gli dei erano immortali, ma sopra a loro c’era la natura. Dovremmo quindi restituire un senso alla vita, ma soprattutto alla morte. E mi spiace che non ne siamo più consapevoli: in una società svuotata dei valori fondamentali, abbiamo quasi perso contatto con la morte. Torniamo a pensare alla nostra fisicità ogni giorno, non solo quando noi o i nostri cari arriviamo “alla scadenza”, anche drammaticamente come oggi. E attribuiamo il giusto valore al tempo: o meglio alla sua qualità, non alla quantità. L’ansia da controllo non controlla niente.

Come faremo nel dopo-virus a ritrovare il nostro equilibrio compromesso?
Cominciamo col comprendere bene le priorità, col capire cosa conta davvero, torniamo ad ascoltare la voce interiore. Non è filosofia, o meglio: i pensatori greci, gli uomini che hanno gettato le basi della fisica moderna, hanno inventato anche la medicina. Vediamo il virus come il bilancio di fine anno della nostra azienda: ognuno deve capire cosa porterò a casa da questo lockdown, che cosa resta nel bene e nel male. Accettiamo che c’è un’antitesi tra desideri, sogni e speranze della mente e le necessità fisiologiche del corpo. Più faremo in modo che i tempi della mente e quelli del corpo si rispettino, più le cose andranno bene. Per troppo tempo molti hanno soffocato le percezioni essenziali al proprio benessere per uno stile di vita sbagliato. Ma anche questa è una scelta: cambiare si può.

Diamo un segnale positivo: come torneremo a fare sport, in casa o all’aria aperta?
Vorrei dare una risposta sia professionale che emozionale. Certo, avremo una gran voglia di tornare all’aperto, ma andrà bene anche trovarsi in palestra. Però tutti insieme, perché stare con gli altri, scambiarsi energia e abbracci mette in circolo il nostro migliore ormone antistress, l’ossitocina. Non dimentichiamo che l’attività fisica è l’unica vera cura per stare sani. Quello che credo e che sento è che il distanziamento sociale ci ha privati del piacere di stare insieme. Altro che stare dietro il proprio plexiglass personale al ristorante, meglio mangiarsi un panino in compagnia o preparare la cena a casa insieme agli amici.

 
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